Da qualche tempo si è parlato di un possibile interessamento di John Elkann per Bialetti, l’azienda simbolo del Made in Italy che con la sua moka ha fatto storia. L’idea di vedere il fondatore di Exor, il principale veicolo finanziario della famiglia Agnelli, entrare in gioco per rilanciare l'azienda di Omegna è circolata per alcune ore negli ambienti dell'imprenditoria ma nonostante le voci insistenti, il destino di Bialetti sembra condurre molto lontano. L’operazione, che sarebbe stata guidata dal fondo Exor, non è infatti mai decollata. Si ipotizzavano 170 milioni di euro per l'acquisizione dell'azienda, il cui fatturato vale circa 150 milioni all'anno. Ma la verità è che tale interessamente non è mai diventato concreto, estando un pour parler imprenditoriale. A smentire queste indiscrezioni è stato direttamente il gruppo Bialetti, che ha chiarito come il suo unico interlocutore sia Nuo Capital S.A., una società lussemburghese legata alla famiglia di Stephen Cheng, miliardario di Hong Kong. Nuo Capital non solo ha una sua solida posizione nel panorama finanziario, ma è anche il principale azionista di Nuo, un fondo che vede tra i suoi partner proprio Exor, con cui condivide il 50 per cento delle quote. Quindi, seppur il nome di Elkann sia circolato, il suo coinvolgimento nella trattativa si è rivelato una mera illusione, non confermata da alcun accordo vincolante.

Se i vociferati interessamenti di Elkann e della famiglia Guerrand Hermés avevano destato attenzione, è possibile che il futuro di Bialetti guardi dunque alla Cina. Il piano di ristrutturazione di Bialetti, che prevede la cessione di una partecipazione di controllo dell'azienda, sta quindi prendendo una piega ben diversa da quella che in molti si aspettavano. Centrale sarà il ruolo di Nuo Capital, che potrebbe acquisire una quota di maggioranza del marchio: una mossa che potrebbe segnare l’inizio di un capitolo totalmente nuovo per l’azienda. Una prospettiva di rotta che segnerebbe l’ennesimo esempio di un marchio italiano che, seppur simbolo di una tradizione, è ormai troppo fragile per restare nelle mani locali. Il cuore del caffè italiano potrebbe essere presto in mani molto lontane da Omegna.
